Mi sono ripetuto tante volte le parole del romanziere Julien Green, lette in uno dei volumi del suo Journal. “Se dovessi morire questa sera e mi si domandasse ciò che mi commuove di più in questo mondo, direi che è il passaggio di Dio nel cuore degli uomini. Tutto si perde nell’amore, e benché sia vero che noi saremo giudicati sull’amore, è ugualmente vero che noi saremo giudicati dall’amore”. Natale è per eccellenza il far memoria di quel passaggio, di quella “venuta”.
Grazie al Natale la mia ragione e il mio cuore trovano Dio sempre di nuovo, per la via più semplice, quella insegnataci dal Vangelo: io vado a Dio perché Dio è venuto a me, si è donato a me nella persona di Gesù Cristo. Non c’è nulla, né ci potrà mai essere nulla di più bello, grande, magnifico di questo dono. Un dono sperato, atteso ed insieme infinitamente superiore ad ogni nostro desiderio, perché Dio è, comunque, incomparabilmente più alto di tutto ciò che io possa pensare a dire di Lui. Il nostro Dio si è fatto carne ed è venuto in mezzo a noi. Egli è l’Emmanuele, “Dio che è tra noi”. La nascita di Gesù a Betlemme diventa quindi spontaneamente per tutti, per coloro che hanno fede e per coloro che la cercano, il punto più alto della storia del mondo, l’Evento per eccellenza, ciò che conferisce senso e compimento all’avventura umana.
Quella venuta cambia tutto. Grazie all’Incarnazione, la nuova legge sarà: “Amatevi gli uni gli altri come Io vi amo”, “amatevi gli uni gli altri perché Io vi amo”, “siate perfetti come il Padre mio che è nei cieli”, “quello che fate a uno qualsiasi dei vostri fratelli lo fate a Me”. Quando il nostro cuore si apre alla luce che Gesù ha portato nel mondo nasce a una nuova esistenza, conosce come Nicodemo che cosa significhi denuo nasci, il “nascere di nuovo”. Col Natale l’umanità è sollevata nella speranza. Colui che “accende d’esser buono il gran tormento”, “il Bimbo venuto a rapire / quel che c’è di materno / nel cuore di pietra dell’uomo” – sono versi di Clemente Rebora – apre a tutti una via che nessuno potrà più -chiudere. Di qui nasce quel sentimento di gioia intensa e raggiante che si respira in questa festa più che in ogni altra.
In Gesù si manifesta il Dio nascosto. Gesù rende possibile la nostra fede, Gesù ci manifesta Dio e ci fa entrare in dialogo col Padre. Credere significa essere stupiti e cambiati dalla venuta di Dio nel mondo attraverso l’umanità di Cristo. La fede è l’accoglienza che si fa al Verbo, l’unirsi a lui nell’amore, nella lotta, nella speranza. La fede si connette a Cristo come l’occhio alla luce. La fede opera nel mondo, ma non ne dipende, non si inginocchia davanti ai suoi idoli. Per questo, Cristo e i suoi originali imitatori, i santi, sono stati e saranno “pietra di scandalo” (I Pt 2,8), “segno di contraddizione” (Lc 2, 34). Colui che chiama alla libertà più totale deve pur attendersi il rifiuto.
Venuto a scompigliare le false certezze e il soddisfatto auto-compiacimento dei farisei di ogni tempo, gli egoismi degli individui e quelli collettivi, il bambino di Betlemme ha turbato per sempre la falsa pace e la logica mondana della potenza. Per questo, Cristo costituirà sempre una sfida, un appello, un’opzione; e, se accolto, la vittoria dell’uomo. “Io so nella mia anima – ha scritto un poeta americano dell’ultima generazione, Gregory Corso – che ci sarà sempre Cristo. / Niente può distruggere quella meraviglia d’uomo. / Cristo è la vittoria dell’uomo”.
Giornale di Brescia, 24.12.1992.