Venerdì 23 marzo 1979 a Iseo alle ore 21 il prof. Aldo Agazzi, docente di pedagogia all’Università Cattolica, ha parlato sul tema: “Le radici della violenza” su invito della Cooperativa Cattolico-democratica di Cultura.
Agazzi Aldo Sperandio
Nato in Bergamo il 12 settembre 1906, Aldo Sperandio Agazzi, primogenito di una famiglia operaia, si diplomò maestro nel 1924. Nel 1930 si iscrisse all’Istituto superiore di Magistero dell’Università Cattolica di Milano ove conseguì il diploma alla Vigilanza scolastica nel 1933. Completò gli studi nell’università di Torino nel 1938, discutendo una tesi con ➙ Angiolo Gambaro. Nel 1935 iniziò la collaborazione con l’Editrice La Scuola di Brescia, in particolare con ➙ Vittorino Chizzolini, grazie al quale venne introdotto nel gruppo pedagogico della rivista magistrale «Scuola italiana moderna» (SPES, n. 1030). Con l’avvento della Carta della scuola del 1939, espresse il suo parere favorevole sul progetto riformatore del ministro ➙ Giuseppe Bottai. Gli interessi dell’A. per la pedagogia del lavoro, uno dei fulcri del piano bottaiano, confluirono, nel 1940, nella pubblicazione del volume Il lavoro dalla vita alla scuola. A questo tema, cui riservò sempre attenzione, l’A. dedicherà, nel 1958, la monografia Il lavoro nella pedagogia e nella scuola. Nel 1942, su sollecitazione del Chizzolini, pubblicò uno studio sull’esperienza pedagogica promossa da ➙ Rosa Agazzi e dalla sorella Carolina. Il metodo delle sorelle Agazzi (che non erano parenti, ma solo omonime dello studioso bergamasco) fu sostenuto, sulla scia della preferenza espressa da ➙ Giuseppe Lombardo Radice, dall’Editrice La Scuola e dall’A. stesso come un’alternativa cattolica e popolare al metodo di ➙ Maria Montessori, interpretato, invero con alcune forzature, come più incline a raccogliere sensibilità culturali laico-scientifiche e destinazioni sociali elitarie. Terminata la guerra e superata la disillusione nei confronti del fascismo, l’A. venne coinvolto dagli amici dell’Editrice La Scuola in nuove iniziative a favore della ricostruzione morale, spirituale e professionale dei docenti. Gli anni del dopoguerra rappresentarono per l’A. anche l’inizio della sua duratura collaborazione con il ministero della P.I. (ministero Gonella per i lavori della riforma della scuola, 1947-1950). Nel 1948 gli fu affidata la direzione della rivista «Scuola materna» che tenne fino al 1984. Nel 1950 fu nominato direttore del Centro didattico nazionale per la scuola materna, di cui divenne presidente nel 1953. Il nome dell’A. è legato anche, e forse soprattutto, alla riforma della scuola media unica, riforma che sostenne con vigore dalle colonne del periodico «Scuola e didattica» avviato dalla casa editrice bresciana nel 1955 e da lui diretto fino al 1991. La sua posizione risentiva delle istanze sociali e psicopedagogiche su cui l’A. aveva avuto modo di riflettere in diverse occasioni: dai dibattiti sulla Carta della scuola alle discussioni nella Costituente, dall’incontro con l’Unione cattolica italiana insegnanti medi (UCIIM) allora guidata da ➙ Gesualdo Nosengo fino all’influenza esercitata dalle tesi sulla scuola democratica di Sergej Hessen. Su questi problemi, dopo il suo volume del 1949 Problemi, strutture, programmi della nostra scuola, l’A. pubblicò il saggio Teoria e pedagogia della scuola nel mondo moderno (1958). Nel 1954, insieme a ➙ Luigi Stefanini, ➙ Mario Casotti, ➙ Giovanni Calò, Nosengo e altri studiosi, diede vita a Scholé, centro studi pedagogici promosso dall’Editrice La Scuola, volto a riunire le migliori energie intellettuali espresse dalla pedagogia cristiana in Italia. Libero docente di Pedagogia dal 1953, tenne corsi liberi di questa disciplina presso l’università di Padova, conseguendo poi l’ordinariato nel 1958. Dal dicembre 1960 fu chiamato sulla cattedra di Pedagogia presso la facoltà di Lettere dell’Università Cattolica di Milano. Dopo il pensionamento di Mario Casotti (1966) si trasferì sulla cattedra già ricoperta da quest’ultimo nella facoltà di Magistero. Dal 1968 al 1973 fu preside di questa facoltà e poi direttore dell’Istituto di Pedagogia fino al collocamento a riposo. Sul piano della teoria pedagogica, l’A. è collocato tra i personalisti. L’educazione non è leggibile come un atto che supera le due coscienze dell’educatore e dell’educando (idealismo), né è un semplice fatto di cui occorre descrivere le dimensioni e le problematiche (come propendono a pensare le pedagogie naturalistiche), nemmeno è un esclusivo moto dello spirito che trascende la storia e la natura (spiritualismo). Per essere descritta nelle sue più intime caratteristiche va letta come un evento dinamico che affiora nella relazione tra le persone che vivono la loro libertà incarnata nella storia e a contatto con la natura e con il mondo. Tale evento, inoltre, è portatore di un significato la cui autenticazione critica rimanda ad un’antropologia che trova il suo fulcro nel concetto storico e teologico di «persona». Gli anni del suo insegnamento universitario nell’Università Cattolica coincisero con il dibattito sulla natura epistemologica della pedagogia. Contro quanti la volevano ridotta a raccolta di scienze dell’educazione, l’A. la difese sempre con estremo vigore, pur concependola nel sistematico e aperto rapporto con le altre scienze dell’uomo (Problematiche attuali della pedagogia, 1961; Il discorso pedagogico, 1963 e 1975; Pedagogia, didattica e preparazione dell’insegnante, 1968; I problemi dell’educazione e della pedagogia, 1974). Sul fronte del sodalizio dei docenti secondari cattolici, l’A. continuò anche un’attiva militanza politico-scolastica, dapprima come vicepresidente (1952-1969), poi, dopo la scomparsa del Nosengo, come presidente (1969-1974) e, infine, come presidente onorario. Importante anche la sua attività di direttore di collane pedagogiche presso l’Editrice La Scuola, nonché appassionato e fecondo relatore in numerosi corsi di aggiornamento. L’A. morì a Bergamo il 10 dicembre 2000. (http://dbe.editricebibliografica.it – 2019)