Sabato 17 ottobre 1981 alle ore 15,30 nel teatro Franciscanum di via Callegari a Brescia – su iniziativa di CCDC, Acli bresciane e Università Popolare Lunardi – Domenico Rosati, presidente nazionale delle ACLI, il prof. Angelo Caloia, docente di economia nell’Università Cattolica, e padre Mario Reina, teologo, della rivista Aggiornamenti sociali, hanno parlato sul tema: “Rendere più umana la vita umana: l’enciclica Laborem Exercens“.
Domenico Rosati. Laureato all’Università di Roma in giurisprudenza, di professione giornalista. Fin dagli anni cinquanta ha operato nelle ACLI, dapprima come giornalista, direttore del periodico Azione Sociale, poi come membro del Consiglio di presidenza dal 1968. Nel 1972 diviene vice presidente, ed è presidente nazionale delle Acli dal 30 maggio 1976 al 12 maggio 1987. La sua elezione a presidente nazionale avviene sulla base di un documento approvato all’unanimità dal Consiglio nazionale delle ACLI che impegna il movimento ad operare all’interno della comunità acclesiale e conferma la scelta di classe ed anticapitalistica e in particolare la legittimità del pluralismo politico dei cattolici. Sotto la sua presidenza si è quindi ristabilito un solido rapporto tra l’associazione e la gerarchia ecclesiastica, rapporto che si era molto attenuato all’inizio degli anni settanta, in seguito alla deplorazione di Paolo VI (19 giugno 1971). Rosati volle dare alle ACLI un’impronta di “movimento della società civile per la riforma della politica” che si caratterizzasse sui temi pace, lavoro e democrazia, non in contrapposizione ai partiti ma per la loro rigenerazione. Nel 1983 promosse la marcia per la pace da Palermo a Ginevra contro la politica del riarmo atomico con i missili nella base di Comiso. È stato senatore nella X legislatura, eletto come indipendente nelle liste della Democrazia Cristiana, dal 1987 al 1992. Come commentatore sui fatti politici e del mondo cattolico ha collaborato con vari giornali e riviste, tra cui Avvenire, Il Mattino e più di recente, l’Unità. (Wikipedia – 2023)
Angelo Caloia. Dopo la laurea in Economia e Commercio presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano (1963), ottiene la specializzazione negli Stati Uniti d’America, presso l’Università della Pennsylvania (1967). Dopo aver fatto ritorno in Italia, insegna nelle università statali di Torino (1976-1984) e di Milano (1984-1991) sino al momento in cui viene chiamato alla cattedra di Economia politica presso l’Università Cattolica di Milano. All’attività scientifica affianca un’intensa attività nella dirigenza bancaria: negli anni ottanta e novanta è presidente del Mediocredito Lombardo, membro dell’ABI e vice presidente del nuovo Banco Ambrosiano. Si impegna, inoltre, nella attività socio politica locale nelle file della Democrazia Cristiana: per quasi vent’anni sarà sindaco di Castano Primo e giungerà ad essere segretario regionale lombardo del partito. È per quasi vent’anni presidente del Centro Sociale Ambrosiano. Nominato presidente dello IOR nel giugno 1989 come successore dell’arcivescovo Paul Casimir Marcinkus, lo risana pur fra molti contrasti. Tuttavia risolve molti problemi: papa Giovanni Paolo II ottiene da Caloia una positiva amministrazione. Ha lasciato l’incarico il 23 settembre 2009, sostituito da Ettore Gotti Tedeschi. All’attività istituzionale ha affiancato quella della docenza e quella di dirigenza: è stato presidente di alcune società del Gruppo Intesa Sanpaolo. Sempre attento alle vicende sociopolitiche ha partecipato attivamente ad alcune istituzioni che se ne occupano: ha presieduto il Gruppo Etica e Finanza. (Wikipedia – 2023)
Padre Mario Reina, scomparso nel giugno 2004, fu uno dei fondatori di Aggiornamenti Sociali, dove si occupò in particolare del rapporto tra dottrina sociale della Chiesa, mondo del lavoro ed economia, e responsabile del Centro studi S. Fedele di Milano. Con Pierre Carniti, dirigente sindacale della CISL, costruì un rapporto intenso e duraturo.
Saluto iniziale di Matteo Perrini, Presidente CCDC: Sono lieto di porgere, a nome delle associazioni promotrici e in primo luogo delle ACLI provinciali, della CCDC e dell’Ufficio della Pastorale sul Lavoro il più cordiale benvenuto a voi che avete accolto l’invito a partecipare a questo incontro, e agi illustri relatori: il prof. Angelo Caloia, docente di economia all’Università Cattolica di Milano, Padre Mario Reina, teologo, docente di pastorale del lavoro, nel comitato direttivo di quella preziosa rivista che si chiama «Aggiornamenti Sociali», e Domenico Rosati, Presidente nazionale delle ACLI. A lui mi permetto di esprimere un grazie vivissimo perché egli ha saputo dar voce – da un alto posto di responsabilità e in un momento assai difficile – all’esigenza profonda di quanti, nel nostro Paese e anche al di fuori di esso, nel movimento dei lavoratori ci stanno e fino in fondo, ma ci stanno da cristiani. Non sono pochi, infatti, quelli che servono con tutta l’anima la causa della giustizia sociale e la promozione umana dei lavoratori e proprio per questo si rifiutano di pascere se stessi e gli altri di quelle atroci illusioni che ormai si rivelano agli occhi di tutti, in ogni parte del mondo, per quello che sono, menzogne ideologiche da cui le persone devono una volta per tutte affrancarsi., se vogliono vivere da esseri umani. E come non ricordare che nel rifiuto delle false liberazioni dell’uomo, nella volontà di vivere senza menzogna, i più esposti, i più minacciati e ricattati, e perciò i più cari al nostro cuore, sono oggi i lavoratori polacchi? Come – parlando della Laborem exercens – non salutare nel pacifico, irriducibile esercito di Solidarnosc, l’ultima versione della vicenda biblica del piccolo Davide in lotta con il grande Golia, l’espressione più commovente di quel Paese ormai non più lontano perché da esso è venuto finalmente il primo papa slavo della storia. / Il tema dell’incontro tocca da vicino tutti coloro che sono pensosi dell’avvenire del mondo e quindi, in primo luogo, i giovani e i lavoratori più aperti al cambiamento, i più sensibili nel prendersi a cuore la sorte dell’uomo, le sue speranze, i suoi timori, il suo bisogno di lavorare finalmente alla nascita di un domani più degno. Giovanni Paolo II, il papa che fu minatore, esprime appassionatamente l’intenzione originaria dell’Enciclica sul lavoro quando scrive: «la Chiesa crede nell’uomo e fa del servizio all’uomo la sua prima e fondamentale via». Non v’è, pertanto, non vi può essere autentica soluzione del problema sociale, se non è diretta a «rendere più umana la vita umana», permettendo all’uomo di diventare più uomo nel lavoro e non già di degradarsi a causa del lavoro. Con la Laborem exercens, i tratti di un nuovo umanesimo del lavoro sono lì, dinnanzi a noi, indicati nelle loro linee essenziali, nelle loro potenzialità dinamiche. Con l’enciclica un appello coraggioso ci sollecita, una nobilissima sfida è lanciata per cambiare le molte cose che si possono e si debbono cambiare, per cancellare le sofferenze evitabili perché inflitte dalla mano di altri uomini. Sta a ognuno e a tutti noi accogliere quell’appello, accettare quella sfida, unire insieme gli sforzi per eliminare congiuntamente, con sempre rinnovata vigilanza, lo sfruttamento, la demagogia che strumentalizza, il parassitismo selvaggio e quello protetto. Se siamo ancora uomini, se siamo ancora cristiani, non possiamo far altro che lavorare con tutte le nostre forze, con l’inventiva di cui siamo capaci a far sì che questo frammento dell’universo abitato dall’uomo diventi, secondo l’intenzione del Creatore, il luogo in cui abita la giustizia.