Interviene Matteo Perrini, presidente della Cooperativa Cattolico-democratica di Cultura. Invocata una adeguata educazione politica per favorire il ricambio
- Si racconta che, nell’incontro di Erfurt (2 ottobre 1808), Napoleone abbia detto: Il potere non è mai ridicolo e che Goethe, il più grande poeta del mondo germanico, a sua volta glia abbia risposto: Solo i valori non sono ridicoli. La politica, se depauperata del suo valore specifico – la ricerca e l’attuazione del bene comune nella società temporale – che ne fa un’attività decisiva e insostituibile, scade a gioco insensato e crudele, a menzogna ipocrita, a strumento di oppressione e di infelicità. Spesso, purtroppo, oggi il potere appare ridicolo. È quello che dev’essere ricordato a quanti commettono l’errore di contrarre tutto il senso della vita nella categoria del politico. Chi nella politica ci sta da cristiano non accetterà mai il politicismo assoluto, ma non si trincerà neppure nel minimismo politico. Per quanto possa apparire superiore al politicismo assoluto, lo scetticismo è del tutto insufficiente e inaccettabile. Dobbiamo dire forte a noi stessi e ai giovani che far politica è necessario e doveroso. Per un cristiano saranno sempre vere le grandi parole di Rosmini: «Cosa sacra è la sorte dei popoli e di essa si occupa la politica».
Gli assoluti terreni
- Uno dei punti di forza del cristiano che fa politica sta nel più netto rifiuto degli assoluti terreni. Noi non crediamo alle religioni politiche delle ideologie. L’assurda pretesa di un’ideologia di avere dalla sua, ed in uso esclusivo, la “categoria della totalità”, la chiave per comprendere unitariamente la natura, l’uomo e la storia, è il triste privilegio di altri movimenti, non nostro. Popper oggi lo designa come holismo, Rosmini nel secolo scorso lo aveva bollato con il termine di perfettissimo utopistico, avendo presente la serie delle consegue disumane connesse a quella pretesa.
- La forte incidenza della mentalità marxista ha unito troppi politici, anche se di diversa provenienza, in una stessa illusione, in un comune belato: si è confuso statalismo, collettivismo dilapidatore e promozione di giustizia sociale. Se non si rifiuta la via dell’iperinterventismo statalistico, se non si ampliano gli spazi di libertà, il pluralismo sarà soffocato e i giorni della democrazia saranno contati. La battaglia per un nuovo e più autentico senso dello Stato passa oggi attraverso l’aperto rifiuto dello Stato padre e padrone, dello Stato panteista per servirci dell’incisiva espressione sturziana. La DC deve essere l’anima di questo rinnovamento umanistico e profondamente democratico dello Stato, in piena fedeltà ai propri principi ispiratori. I veri, sacrosanti interessi del popolo, e in particolare delle categorie che non hanno potere contrattuale, non si difendono unendo allo sperpero sistematico del denaro pubblico la crescente incapacità sia di assicurare la funzionalità dei servizi sociali, sia di abbattere i “privilegi protetti” dalle caste corporative.
- Un partito non è immortale e una formazione politica come la DC può veder ridotta la sua rappresentanza parlamentare ed essere costretta all’opposizione; ma ha il dovere di cadere in piedi, di offrire ai suoi stessi avversari un chiaro e forte punto di riferimento. La DC ha urgente bisogno di superare l’attuale crisi di immagine e di proposta politica non solo per se stessa, ma anche per rendere in questo momento un alto servizio al Paese. Solo così la DC può operare, senza stare in allarmata attesa dell’alternativa PCI-PSI.
Obblighi inderogabili
- Sappiamo bene che tra il mondo cattolico e la DC vi è insieme distinzione e osmosi e che la crisi e lo stato di salute dell’uno ha non poca importanza per l’altra. Tuttavia la eliminazione di meccanismi perversi e i compiti di una adeguata educazione politica per favorire il ricambio sociale spettano alla DC, sono suoi obblighi inderogabili. E in tal senso l’appassionata richiesta di un approfondimento delle ragioni della proposta democratica-cristiana, di un’animazione morale della politica, di un nuovo e non farisaico rigore nell’esercizio del potere va accolta dalla DC non come una predica noiosa, ma come la conditio sine qua non per meritare il consenso di quanti sono desiderosi di pulizia, di effettiva libertà e giustizia.
- La DC deve riprendere nel nostro Paese e in Europa l’iniziativa europeistica. L’impressione generale è che il senso della nostra presenza oggi in Europa possa essere sintetizzato da un “piano, pianissimo, quasi fermo”. Se la DC non vince l’attuale difetto di autocoscienza del proprio ruolo europeistico, mancherà una spinta decisiva all’Europa comunitaria, la quale, oggi come oggi, sovente mostra di non avere quell’afflato spirituale, culturale e morale che è indispensabile quando si attende alle grandi costruzioni. L’appello all’Europa lanciato in Spagna da Giovanni Paolo II deve essere un impegno deciso e costante della DC.
Laicità della DC
- La “laicità” della DC. teorizzata e difesa da grandi cristiani come Sturzo, De Gasperi e Moro, è oggi assai meglio garantita che nel passato, remoto e prossimo, grazie anche al cammino compiuto nei vent’anni che sono passati dal Concilio e all’ascesa provvidenziale di un non italiano al vertice della Chiesa Cattolica. La “laicità” della DC non deve però mai significare – e qui la lezione dei tre leaders prima ricordati è e rimane esemplare – messa tra parentesi dell’ispirazione cristiana e tanto meno tacito rifiuto di essa. La laicità, l’acuta percezione del divenire sociale, il senso storico e il gusto del concreto non devono mai essere scambiati con la secolarizzazione laicistica, il relativismo storicistico, il pragmatismo cinico. Se il corpo politico deve essere vitalizzato dal lievito del Vangelo, se lavorare a far sì che la civiltà nuova sia nell’essenza orientata al Vangelo, dobbiamo pur far conoscere al popolo la speranza che è in noi e la visione dei valori fondamentali a cui cerchiamo di ancorare la nostra politica.
La Voce del Popolo, 25 marzo 1983