«Era ormai l’inizio dell’estate e tutto era al culmine del suo rigoglio; gli alberi in frutto, i campi con le loro messi. Dolce era il canto delle cicale, soave la fragranza dei frutti maturi, piacevole il belare delle pecore. Si sarebbe creduto che i fiumi placidamente fluendo mormorassero un canto, che i venti spiranti fra i pini suonassero melodie di flauti e che il sole invitasse ciascuno a spogliarsi». Sono parole della traduzione del testo greco di un romanzo pastorale, intitolato Dafni e Cloe, opera di Longo detto Sofista. Ci descrivono un paesaggio estivo in cui il caldo si fa sentire ovunque ma non è opprimente, lascia spazio alle attività agricolo-pastorali e permette ai corsi d’acqua di continuare a scorrere con la loro corrente leggera. Un’estate idilliaca, questa, con le caratteristiche della piacevolezza, dell’amenità dei luoghi e del clima. È ambientata in un’isola greca dal nome famoso: Lesbo, la patria della poetessa Saffo e forse dell’autore del romanzo di cui stiamo parlando. Di Longo sappiamo davvero poco e su di lui possiamo formulare solo congetture. Forse era un cittadino romano residente in quell’isola, forse aveva un nome greco cioè Makròs, romanizzato in Longus, che voleva dire quasi la stessa cosa. Oppure niente di tutto questo è vero, e le più diverse ipotesi sono aperte. Neanche sappiamo con sufficiente precisione quando sia vissuto. Il suo romanzo, in quattro libri, è stato collocato tra il secondo e il sesto secolo d.C., ma più probabilmente appartiene alla fine del secondo o all’inizio del terzo: è un’espressione di quel movimento letterario e filosofico che prende il nome di Nuova (o Seconda) Sofistica, che cercava di trovare una forma di conciliazione culturale tra la retorica e la filosofia. Abbiamo visto prima un passo del primo libro, in una bella traduzione italiana. Essa è opera recente di Maria Pia Pattoni, docente di Letteratura greca nella sede bresciana dell’Università Cattolica. La studiosa ha da poco pubblicato nella collana dei classici greci e latini della Bur un volume che contiene i quattro libri di Dafni e Cloe, con il testo greco e la traduzione italiana; e soprattutto, con una ricchissima introduzione, corredata da molte schede informative, che spiegano tutto il possibile su questo romanzo e il suo autore. L’introduzione è di taglio soprattutto letterario, con capitoli che studiano il rapporto con l’epica, con la tragedia, con la commedia, con il mimo e con la poesia pastorale precedente a Longo, in cui il modello è il siracusano Teocrito con i suoi idilli. Pur essendo questo un volume destinato a un pubblico non specialistico, qui anche lo specialista trova spiegazioni approfondite ed esaustive. Poi c’è il testo del racconto, greco e italiano, e il lettore prova a questo punto il piacere della lettura: è una narrazione amena, che ha per protagonisti due giovani pastorelli, che vivono quotidianamente il sorgere e lo sviluppo della loro passione amorosa. L’ambiente è quello della campagna intorno alla città di Mitilene, nell’isola di Lesbo. La vicenda amorosa conosce momenti alterni e un po’ di vicissitudini, che obbediscono, ma solo in parte – precisa la Pattoni – al cliché del romanzo greco: ci sono anche i pirati e dei soldati rapitori a movimentare la trama, ma alla fine la conclusione è lieta, e Dafni e Cloe convolano a nozze. La cerimonia nuziale è ridotta al minimo, e Longo precisa che si tratta di un rito pastorale, che si risolve in una festa piacevole. Si svolge un grande banchetto, in cui alcuni invitati cantano alla maniera dei mietitori, mentre altri provvedono ad animare la serata, lanciando motteggi all’indirizzo degli sposi. Ci sono alcuni partecipanti alla festa che suonano i flauti, altri la zampogna, altri ancora che danzano, ma gli sposi non si curano di ciò che avviene intorno a loro e continuano a scambiarsi baci. È un mondo in pace con se stesso, pieno di buoni sentimenti e di garbate maniere: ed è merito di Maria Pia Pattoni di averci fornito gli strumenti per conoscerlo e gustarlo.
Giornale di Brescia, 14.7.2005.