Zanussi, da un Paese non più lontano

Giornale di Brescia, 22 marzo 2010.

Il celebre autore e regista polacco stasera a Brescia, alla Pace, ospite della Ccdc
Parlerà del suo cinema e del libro «Tempo di morire. Ricordi, riflessioni, aneddoti»

La Cooperativa Cattolico-democratica di Cultura organizza una tournée italiana del regista e autore polacco Krzysztof Zanussi, che oggi, lunedì, sarà a Brescia alle 20.45, nel salone Bevilacqua della Pace, in via Pace 10, per presentare il suo libro «Tempo di morire. Ricordi, riflessioni, aneddoti», pubblicato in Italia da Spirali Edizioni. L’incontro è intitolato «Per rinascere e vivere l’arte, la società, l’Assoluto». L’ingresso è libero.
Krzysztof Zanussi è un intellettuale polacco di vasta curiosità e apertura, apertamente cattolico di forte fede e patriottismo. Quando nel 1981 con «Da un Paese lontano. Giovanni Paolo II» traccia la biografia di Papa Wojtyla, ne fa testo esemplare di quella coscienza religiosa e civile che a Varsavia resiste con Solidarnosc, perché sa che dall’altra parte, su un altro fronte, a Roma, c’è un polacco papa che prega, scrive, parla senza mai scordarsi di essere polacco.
Ma anche fervido di un misticismo vicino alla tradizione ortodossa e alieno da ogni cartesiana riduzione razionalistica, Zanussi è autore cinematografico per scelta culturale, per quella disillusione e insoddisfazione verso i linguaggi propri della filosofia e della scienza inidonei oggi a carpire e rivelare il senso del mondo. Convinto della potenza e prepotenza dell’immaginario cinematografico, ma di risvolto anche della sua fragilità e debolezza, dialetticamente se ne arrovella con i suoi film, insistendo su quel tipo di conoscenza che gli permette di cogliere, illuminante, l’essenza ultima, assoluta, delle cose.
È un percorso a scavo quello di Zanussi, forse impaludato ed enfatico in alcune prove, ieri con «Il potere del male. Paradigma» (1985) e più recentemente con «Persona non grata» (2005), ma con più felice impatto in una serie di film realizzati lungo gli anni ’70 e ’80 con severità di linee e di incontri e rigorosa lucidità di scrittura. Se con le prime prove, poteva essere «La struttura di cristallo» (1969), incontro-scontro tra uno scienziato e un meteorologo, o «Illuminazione» (1973), crisi di un giovane intellettuale nella tensione verso la conoscenza di verità assolute, il regista si limita a proporre conflitti dialettici tra tesi opposte, ambiguamente incerti tra due poli con soluzione forse impossibile, forse solo aperta, con «Costante» (1980), ricerca di un giovane che non si adatta a disegni estemporanei del destino, e più in là con «Imperativo» (1982), un matematico lasciato dalla moglie e in vana ricerca di una soluzione a dubbi esistenziali,
Zanussi traguarda la ricerca su un’ipostasi di valori eterni e categorie assolute che non siano suscettibili di variazioni congiunturali.Ne è traguardo, forse solo provvisorio ma necessario, «Inventario» (1989), premio a Europa Cinema per la migliore sceneggiatura. È uno psicodramma a tre, Tomek giovane generoso nutrito di principi e ideali cristiani, sua madre Zofia, donna tanto equilibrata quanto possessiva, e Giulia trentenne senza lavoro né casa al limite di un’eccitata isteria, che Tomek e Zofia volentieri accolgono nella loro casa. Quando i rapporti a tre si fanno più stretti con Tomek sempre più innamorato di Giulia e lei in fuga in clinica per malati mentali, qualcosa sembra appannarsi, madre e figlio si accusano di menzogne reciproche. Solo sul limite estremo della rottura, proprio citando Sant’Agostino («Se vedi in lei quei valori cui hai sempre creduto, amala e fa quello che vuoi»), la madre dà al figlio la forza di restare più vicino a Giulia, e senza smarrire la fede o smorzare la carità d’amore.
Anche con la presenza ad incontri e convegni, Zanussi non molla la presa. Lo intriga la difficoltà dell’edonismo contemporaneo a farsi pensiero, riflessione, preghiera. Ma anche lo nutre cristiana tensione per aiutare l’uomo di oggi a riconoscere quello che di buono, vero, onesto, ciascuno porta con sé.