Dio mi ha dimostrato che devo decidermi se essere nazista o cattolico». 1938, Sankt Radegund, Alta Austria, nei pressi di Braunau, patria di Adolf Hitler. Il trentenne Franz Jägerstätter è sposato con Franziska, possiede una fattoria dove scorrazzano tre figlie che allietano un luminoso matrimonio cristiano. Franz è l’unico che, nel suo paese, vota no al referendum sull’Anschluss con cui i nazisti si impossessano dell’Austria. Vangelo alla mano, Franz matura, in solitaria, una decisione radicale: non può professarsi cristiano e aderire a un Führer come Hitler, dispregiatore della dignità, nemico del cristianesimo, un dittatore che annichilisce l’individuo. Quando riceve la chiamata alle armi, Jägerstätter sa cosa dire: che non può servire due padroni, l’uno irriducibile all’altro. E lui ha scelto il Dio della pace, non uno stato omicida che sta incendiando l’intera Europa. Decapitato nello stesso carcere in cui fu recluso Dietrich Bonhoeffer, Franz Jägerstätter brilla come araldo della libertà di coscienza, un cristiano mite e assoluto, che la chiesa ha riconosciuto tardivamente come esempio di fede, un uomo capace di interrogarci ancora – come racconta Terrence Malick nel film “La vita nascosta” – per la sua prorompente scelta di verità.
Terrence Frederick Malick (Waco, 30 novembre 1943) è un regista, sceneggiatore e produttore cinematografico statunitense. Noto per la sua riservatezza e il suo perfezionismo maniacale, è considerato un regista di grande prestigio, nonostante abbia diretto solamente una decina di film nell’arco di cinquant’anni di carriera (con uno stop di ben vent’anni tra il secondo e il terzo). I suoi film sono noti per le loro riflessioni filosofiche e spirituali, lo stile registico ricercato ed ermetico, i temi naturalistici affrontati e per il dividere quasi sempre i giudizi della critica o del pubblico. Ha vinto la Palma d’oro a Cannes nel 2011 per The Tree of Life, l’Orso d’Oro a Berlino nel 1999 per La sottile linea rossa, il premio per la regia a Cannes nel 1979 per I giorni del cielo e la Concha de Oro al Festival di San Sebastián nel 1974 per il film d’esordio La rabbia giovane. È stato candidato due volte al Leone d’oro a Venezia e tre volte all’Oscar (due per la miglior regia e una per la miglior sceneggiatura non originale). Nel 2011, il critico cinematografico Roger Ebert l’ha definito «uno dei pochi registi i cui film non sono mai meno che capolavori.»